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Photo by Christophe Losberger

Michele Biondi World Traveller – Intervista

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La Toscana è sempre stata una culla di artisti blues. La presenza di festival storici come Pistoia Blues, Torrita Blues, Lucca Blues Festival e altri minori, ha garantito a questi artisti una riserva di “aria buona” e perché no, una certa dose di opportunità lavorative, per diversi anni.
Le generazioni di musicisti blues toscani hanno visto nomi come Nick Becattini, Mimmo Mollica, Leo Boni, Sergio Montaleni, Freddie Maguire, ma anche tra i giovani, Roberto Luti, Diego Schiavi e appunto Michele Biondi.

Michele si muove ormai da diversi anni in tutto il circuito europeo e non disdegna fare tappa negli U.S.A., magari in compagnia di Ray Cashman.

Questo fa del giovane chitarrista e cantante toscano una figura ricca di esperienza on the road, che ha pochi rivali nel territorio nazionale.

Michele ha realizzato diversi CD ed ho deciso di dare spazio a una piccola intervista che permettesse di far conoscere l’ultimo World Traveller!

Photos by Max De Rosa


L’intervista


 

Michele parliamo un po’ di te.
Dalla toscana al Mississippi, un bel salto, ormai sei di casa li raccontaci questa esperienza!

Come molti di noi amanti della musica blues, andare in Mississippi è un sogno che voremmo realizzare fin da ragazzi.
Per me la prima volta è stato un viaggio surreale: ero lì e non ci credevo! Per fortuna sono subito entrato in sintonia con quei luoghi di cui, fino a quel momento, avevo appreso attraverso i libri oppure i racconti di amici.

Cosa hai imparato è cambiato il tuo modo di suonare? C’è qualcosa che ti ha colpito particolarmente?

Non si finisce mai di imparare, più scavi più scopri cose nuove. il Blues, la musica popolare, si sposa con la storia e la cultura locale: la lingua, la cucina, i profumi ed i suoi suoni…
Penso che per comprendere meglio, non ci si debba fermare solo all’aspetto musicale ma cercare di capire anche quello che succede intorno alla musica e forse il mio modo di suonare è cambiato proprio in funzione di questo.
La cosa che mi ha sorpreso di più è la semplicità, l’apertura verso la curiosità di persone straniere e la condivisione.

Che esperienza è suonare nei luoghi dove il blues è nato?

Ogni volta per me è un viaggio quasi mistico. Quei luoghi hanno una densità forte e cerco sempre di rispettarla, di esserne parte, senza dimenticare le mie origini.

Ti sei sentito accettato oppure ti sei sentito come un “alieno”?

Mi sono sentito accettato, fin dal primo momento.

C’è differenza tra suonare in Italia e negli USA?

Per la mia esperienza in Usa, come in buona parte dell’Europa, c’è molta più curiosità ed attenzione da parte del pubblico che in Italia.
Credo che questo dipenda molto dalla cura dell’organizzazione: gli eventi iniziano ad orari umani (diciamo le 21,30); c’è attenzione all’offerta di una programmazione coerente, cercando di guidare gli avventori; si dà spazio continuativo alle proposte originali, alla cultura, piuttosto che agli “scopiazzamenti selvaggi”; c’è la consapevolezza che l’acustica della sala è un potente alleato se considerata; di solito il locale è attrezzato con un minimo di impianto voce e back line.
Credo che Italia ci sia stata una profonda involuzione, trend che dovremo fare in modo di invertire.

Come ti sei sentito la prima volta che hai suonato in un Juke Joint?

Incredulo, ripensando al ragazzino che si leggeva la biografia di Muddy Waters nella sua camera, fantasticando su quel mondo così lontano.

Sarai con Ray Cashman in giro per l’Europa in questo periodo in che paesi porterete la vostra musica?

Adesso siamo in tour con Ray Cashman in Sardegna, Toscana e Svizzera, dopo andrò con la mia band in Svezia, Norvegia ed Estonia per continuare la promozione dell’ultimo album “World Traveler”.
A fine luglio poi sarò di nuovo con Ray in Usa.

C’è un aneddoto che vi piacerebbe raccontare?

Ce ne sarebbero molti, uno che mi piace particolarmente riguarda la prima volta che ho incontrato Ray: eravamo fuori dal Cat Head, un negozio di musica a Clarksdale, Cashman stava suonando ed io ero fra il pubblico, alla fine dell’ultima nota Ray dice “Hey, ti va una birra?” E da lì è cominciata questa bellissima parte del viaggio.

Parliamo del tuo ultimo CD, Quando è uscito?

L’ultimo album si intitola “World Traveller” ed è uscito a gennaio 2025.
È stato prodotto dall’etichetta Madamadorè di Marco Natali ed è una raccolta delle canzoni scritte e registrate nei tre dischi precedenti, tutte per lo più con nuovi arrangiamenti.

Chi sono i musicisti che hanno suonato in questo disco?

In questo disco ci sono Angelo Carmignani alla batteria, Giovanni Grasso al basso e Andrea Maffei all’armonica.
Si tratta di un album registrato live in studio, in diretta, senza sovraincisioni (fatta eccezione per i cori di Joy).

Quali sono i brani che ami di più?

Non ho un brano preferito. Sono tutte canzoni che ho scritto in diverse fasi della mia vita, che parlano a volte di me a volte di storie vissute da altri.

E’ cambiato il tuo modo di comporre dall’ultimo CD che hai prodotto?

Il metodo è sempre il medesimo, forse cerco di stare meno attento ai Cliché di un genere musicale e prestare più attenzione alle esigenze delle storie da raccontare.

Quali sono le tue influenze in questo disco?

È sicuramente velleitaria, ma il sound , l’energia e la pasta sonora di Hard Again di Muddy Waters rappresentano per me un orizzonte.

La tua musica come è accolta in Europa?

Negli ultimi dieci anni abbiamo suonato in quasi tutti gli stati Europei, siamo sempre stati accolti con entusiasmo e la nostra scaletta, fatta di brani originali, incuriosisce sempre il pubblico che ogni tanto chiede anche dei brani nella nostra bellissima lingua italiana…magari in futuro!
Nel 2024 abbiamo fatto circa 100 concerti di cui circa 90 fuori dai confini italiani.

Grazie Michele spero di vederti presto dal vivo!

Grazie di cuore a te Marco, a presto!

Photos by Max De Rosa

Un blog al servizio del blues

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