BLuesOG | Blues Blog
Prison Songbook Story
PREMESSA
A distanza di tre anni dalla prima di Prison Songbook volevo scrivere una sorta di diario di questa straordinaria esperienza artistica.
Io e Sara Piolanti collaboravamo già da alcuni anni portando avanti un duo voluto dal Direttore Artistico del Nima Club Michele Minisci in occasione di un cartellone di blues all’interno di una birreria artigianale di Faenza.
I diversi live che ne seguirono permisero a me e a Sara di capire come potevamo funzionare insieme, lei veniva da esperienze di Indi Rock e io dal blues a 360°.
Fu in occasione di una serata a Migliarino che finalmente trovammo la “quadra” per far crescere e rendere espressivi i brani che facevamo.
L’alta espressività di Sara andava accompagnata in modo diverso rispetto ad altri artisti, la chitarra doveva lasciare spazio e in qualche misura “riarrangiare in continuazione il brano”.
Questo permetteva ai brani di decollare. Lo capimmo a Migliarino.
Diversi anni prima durante un concerto dei Delta Mud al Circolo Aurora di Ravenna proposi alcuni brani di Bukka White e a fine serata il titolare del club mi disse “potreste fare un intera serata di blues carcerario”, la cosa in sé mi colpì, non ci avevo mai pensato in effetti, ma fare un’intera serata di blues carcerario, presupponeva allargare il repertorio a molti altri artisti… non sapevo da che parte cominciare.
GENESI
Dopo la serata di Migliarino proposi a Sara di abbracciare questo periglioso repertorio. Ad aggiungere benzina al progetto ci fu anche l’interessamento di un nostro amico Luca Pincelli che si disse disponibile ad intercedere per noi presso il carcere minorile di Livorno.
Seguirono una serie di contatti con diversi esperti italiani per capire chi erano i cosiddetti Bluesman carcerati e cosa cantavano.
In realtà la faccenda si dimostrò subito molto complicata.
Molti artisti neri erano finiti in carcere ma non tanti cantavano di questo come aveva fatto Bukka White, al tempo stesso molti artisti scrivevano del carcere senza esserci finiti dentro.. era strano…cioè era come se il carcere fosse un tema ricorrente per la società afroamericana, una sorta di ombra nera perennemente presente… ma chi ne erano i narratori?
LOMAX E OSTER
Lomax fece un lavoro monumentale per documentare la voce degli artisti neri nei carceri americani. Ma cosa aveva registrato?
Al di la dell’enorme valore storico e di scouting dell’opera di Lomax nei penitenziari U.S.A. colui che tasse maggiore beneficio dall’interessamento dell’etnomusicologo americano fu Huddie Leadbetter detto Leadbelly, questi riuscì in qualche modo a “rifarsi la verginità” e ricominciare una vita artistica a tutti gli effetti, almeno finché non minacciò lo stesso Lomax con un coltello…
A parte questo Leadbelly registrò per i Lomax diverse Work song e Folk Song tradizionali divenute classici, ma Leadbelly aveva un approccio abbastanza “interessato” e non era nuovo ad usare la sua arte per ingraziarsi questo o quel governatore, o a scegliere il repertorio più adatto a seconda dell’uditorio presente.
Altro discorso è rappresentato dal grandissimo repertorio di Work Song di artisti che invece non ebbero alcun beneficio da tali registrazioni, poi tra questi troviamo anche Bukka White con una intensa Pò Boy (King of the road – da non confondere con “long way from home” questo è un lampante esempio di blues carcerario registrato a Parchman Farm quindi molto più interessante per il percorso di Prison Songbook di quanto registrò Leadbelly per assurdo).
Si presentarono sotto i nostri occhi moltissime registrazioni avvenute nelle carceri, quello di Leadbelly non era un caso isolato, artisti di ogni livello avevano lasciato una testimonianza indelebile ai Lomax nelle loro escursioni nei penitenziari U.S.A., però non erano necessariamente “Prison Song”.
Anzi spesso si trattava di registrazioni di brani tradizionali o di composizioni originali che poco o niente avevano a che vedere con la prigionia. Questo era per noi un problema avendo un focus tematico molto preciso.
Ma si potevano trascurare? Si poteva sbattere la porta in faccia ancora una volta alla voce di questi disgraziati?
Ognuno è libero di trarre le proprie conclusioni su questa faccenda, indubbiamente proporre un repertorio “perché Lomax lo ha registrato in prigione” era un approccio semplicistico.
Ad ingarbugliare ma al tempo stesso ad aprire nuove strade arrivarono i suggerimenti d’ascolto di Marino Grandi, direttore de “Il Blues Magazine” egli suggerì l’ascolto delle registrazioni di Harry Oster ad Angola.
Artisti come Robert Pete Williams, Hogman Maxey, Otis Webster, Guitar Welch ci apparvero con forza e definirono una strada da seguire.
Pete Williams era un vero e proprio cronista del carcere di Angola esattamente come Guitar Welch. Altri come Hogman Maxey anche se non cantavano del carcere avevano lasciato l’unica traccia della loro esistenza artistica nelle registrazioni di Oster. Il tema era il riscatto. Quello che la società americana negò in vita a queste persone la storia della musica e dell’arte glielo restituì con gli interessi. Prison Songbook era un progetto che poteva fare questo.
Spesso penso che vedere il testo di Electric Chair di Guitar Welch proiettato ai uno schermo di 20 mt in un teatro italiano sia uno dei segnali più forti di discontinuità storica e culturale che potessimo mandare dalla nostra limitata prospettiva di artisti underground.
Ora che era chiaro il tema dovevano capire perché era così ricorrente il motivo delle carcerazioni nella scrittura degli artisti afroamericani, c’era questa presenza grigia, questa paura, questo background e c’era perché la triste storia di soprusi e di violenze glielo aveva messo. Stava li come una spada di Damocle sempre orrendamente appesa sulle teste del popolo afroamericano. Era la palese affermazione di una insuperabile necessità di dividere “il popolo eletto” dai “Paria” dai senza casta.
Questa ingiustizia che prevedeva “due pesi e due misure” perdurava nel sud degli Stati Uniti come se il superamento del segregazionismo non fosse mai avvenuto, ed in effetti era così.
Le registrazioni di Oster a fine anni 50 erano lo specchio di questo.
DUE APPROCCI DIFFERENTI
Interessante notare come questi etnofolkloristi ebbero approcci diversi nella fase della registrazione.
Lomax registrò mezzo mondo con un approccio più neutro possibile, non sembrava avere velleità artistiche personali, anche se alcune work song sono registrate come diritti d’autore a Lomax, è un fatto curioso che mi riserverò di approfondire proprio perché la stessa mission dei Lomax era mettere a disposizione di tutti l’enorme volume di registrazioni, svincolandole dalla prospettiva commerciale che ne avrebbe viziato l’integrità artistica e avrebbe messo in luce solo le più “vendibili”. Lomax (Alan) era un personaggio poco simpatico all’establishment capitalista americano. In generale il blues lo è sempre stato.
“Well, airplanes flyin’ ‘cross the land and sea
Everybody flyin’ but a Negro like me
Uncle Sam says, “Your place is on the ground
When I fly my airplanes, don’t want no Negro ’round”
Josh White – Uncle Sam Says
Altro discorso per Oster che registrò alcuni artisti come lo stesso Robert Pete Williams mettendo a loro disposizione la sua chitarra a 12 corde, questo aspetto che sembra trascurabile, tradisce in realtà la volontà da parte del ricercatore di fornire un suono più pieno alle registrazioni, come se la prospettiva commerciale fosse comunque un obbiettivo da raggiungere e in qualche modo da sperare, come avvenne per Leadbelly con i Lomax.
Al di la delle “caratteristiche umane” di questi ricercatori quello che trovarono e misero a disposizione, filantropicamente o meno, del mondo fu un tesoro dal valore inestimabile.
LA RICERCA CONTINUA
Scoprimmo strada facendo che il tema carcerario era presente in liriche di Blind Lemon Jafferson, Scrapper Blackwell, Furry Lewis, oltre che in una vastissima quantità di autori. Questo confermava il filo rosso della tematica carceraria come termometro sociale non come episodio necessariamente personale.
Per una ragione o per un’altra.
Messi insieme i pezzi iniziammo le prove, eravamo in realtà molto fiduciosi che il sistema del blues italiano accogliesse positivamente Prison Songbook, ma in parte ci sbagliavamo, lo capimmo solo più tardi.
Chi invece rimase innamorata del progetto fin dalla sua stesura teorica fu Francesca Paola Montagni direttrice artistica dello String Theory Music Fest.
Non aveva sentito ancora nemmeno una traccia ma ci voleva nel suo festival. Ora, credetemi, benché io e Sara fossimo sulla scena da almeno 30 anni eravamo dei perfetti sconosciuti per molti “addetti ai lavori”, quelli che per intenderci si crogiolano nella loro corte di artisti decotti e non mettono mai la testa fuori.
Bene Francesca Paola ci permise di presentare al pubblico nel settembre 2020 il nostro Prison Songbook. Eravamo già programmati quando ancora doveva uscire il nostro primo video “Penitentiary Blues”. E quando uscì fu una bomba.
The king of the road
Poor boy he got hungry,
He didn’t even have no where to go.
Poor boy says I hate for
That evening sun going down,
The curb, the rocks are my pillow
And the cold ground my sleeping place.
Poor boy’s mama come to see him,
Frightened, sad and prison bound,
When she looked and see him,
How she went to screaming and crying.
Take back your old mother,
Poor boy now is prison bound,
Oh she kneeled on her knee,
How old mother screams and cries.
Oh she said goodbye,
Your mama’s gonna leave you now,
She said if you be a good boy,
You will be home by and by.”
La questione dei testi presentò diverse difficoltà in quanto molte delle canzoni presentate non erano mai state trascritte siccome si trattava di registrazioni fatte “sul campo”.
Singolare fu il ritrovamento del testo Ball and Chain for me di Otis Webster, un galeotto registrato da Oster ad Angola. Per reperire questo testo pagammo 5 trascrittori madrelingua, la maggior parte di questi si “arrendeva di fronte allo slang” rinunciando all’incarico. Ci riuscì un trascrittore texano contattato tramite Fiverr.
Altro episodio curioso fu quello di un testo di Skip James dove si citava un Orsetto (Teddy Bear) appoggiato ad un bastone, questa stranissima citazione non riuscivamo a comprenderla. Chiedemmo l’aiuto a Fabrizio Poggi ed ipotizzammo diverse interpretazioni a questo “Teddy Bear”, dal nomignolo dato a Nixon, alla sottoveste, a una canottiera che il carceriere teneva appoggiata a un bastone…La soluzione arrivò proprio dal grandissimo Fabrizio Poggi che trovò la foto di una scatola di Melassa Nera sullacui grafica era riportato proprio un orsetto appoggiato ad un bastone. Mistero Risolto!
Francesca ci mise a disposizione il palco dello String Theory e noi lavorammo sodo per mettere a punto Prison Songbook. Nel frattempo era arrivato il COVID 19 e nel settembre 2020 già si parlava di distanziamenti, mascherine eventi a ingresso limitato e altre misure di questo tipo.
Le difficoltà organizzative e il periodo storico avevano messo a dura prova tutto il settore Eventi mondiale e la stessa sopravvivenza di molti progetti artistici era stata compromessa.
Un Italia inadeguata doveva affrontare un nemico invisibile e letale. L’impotenza dello stato di fronte a questo “fuori programma” diede origine ad episodi grotteschi che rimarranno per sempre nella nostra memoria.
La serata fu un successo, probabilmente Prison Songbook incanalava molto di quel senso di privazione che gli italiani stavano vivendo sulla loro pelle. A fine serata vennero proposte a Prison Songbook un sacco di opportunità che solo in minima parte, colpa anche del difficilissimo periodo storico si sarebbero realizzate.
Sentivamo che eravamo il progetto giusto…al momento sbagliato.
La serata allo String Theory mise in evidenza la necessità di far capire al pubblico, in qualche modo, i testi delle canzoni in maniera che la dimensione narrativa si mescolasse meglio con quella drammaturgica e musicale. A seguito di questa esigenza adottammo un libretto e delle videoproiezioni.
Io e Sara eravamo molto speranzosi in merito a ciò che ci era stato prospettato ma il COVID 19 cambiò radicalmente lo scenario costringendoci ad ammettere la nostra impotenza di fronte a questi eventi che ci “sbattevano la porta in faccia di una tanto agognata rinascita artistica” ancora una volta.
D’altro canto l’interessamento e l’incoraggiamento da parte degli appassionati non erano venuti meno, anzi ogni nostra mossa comunicativa incontrava grandissimi feedback.
Significativo fu l’episodio dell’Auditorium di San Giacomo, di Forlì (Comune di Forlì). Che accolse in un primo momento, sempre grazie all’intermediazione di Francesca Paola Montagni Prison Songbook facendo presentare all’Associazione Ellen Oack un piano costi corposo con tutto ciò che si richiedeva in quel periodo, Triage, accessi contingentati, autocertificazioni ecc.. per poi a fronte di un peggioramento della curva dei contagi annullare l’evento promettendo un recupero nella stagione estiva, recupero che poi di fatto non avvenne mai nemmeno quando, in epoche recenti le condizioni lo avrebbero reso possibile.
Prison Songbook rimaneva una mosca bianca nel panorama culturale italiano invischiato in ripetitivi nomi d’agenzia che venivano riproposti ossessivamente ai direttori artistici dei festival.
La mission di Prison Songbook era differente e aveva oltre a un valore culturale un valore sociale, a dimostrarlo ci fu l’interessamento da parte di Emergency, sempre grazie a Francesca Paola Montagni, che portò il nostro spettacolo nella sede Veneziana sulla Giudecca esattamente un mese dopo la scomparsa di Gino Strada. La serata fu molto apprezzata da tutti i presenti e noi tornammo a casa con l’impressione du aver fatto “la cosa giusta”.
Il legame con i diritti umani era una delle peculiarità di Prison Songbook e proprio su queste tematiche si creò un dialogo con il grande armonicista italiano Fabrizio Poggi.
Ma il Covid era dietro l’angolo, la seconda ondata chiuse ancora gli artisti nelle case per mesi.
Il fuoco di Prison Songbook non sembrava spegnersi di fronte a questi eventi anzi, blogger, portali, radio davano spazio al progetto con articoli e interviste.
Traemmo in qualche modo il massimo da una capacità comunicativa strutturata che permetteva di far parlare di noi in molti modi su molti canali. Purtroppo la realtà era ben diversa e le difficoltà erano enormi.
Per rilanciare il progetto a marzo 2021 facemmo uscire il secondo video “No More My Lowd” una nostra versione di un antico spiritual convertito in Work Song registrato da Lomax a Parchman Farm.
La registrazione avvenne velocemente, ad opera di Sandro Neri, perché stavano arrivando le restrizioni per ciò che riguardava gli spostamenti tra una città e l’altra. Il brano registrato a Forlì non permise di mantenere la squadra del video precedente e le riprese invece che Massimo De Rosa videro Jari Salamone alla regia.
Il video venne presentato con un’intervista di Francesca Paola Montagni e fu una rivelazione.
L’approccio moderno si legava a una melodia antica con grandissimo equilibrio, l’arrangiamento prevedeva una base ritmica ottenuta sbattendo una catena su una tavola di legno.
L’espressività vocale di Sara era devastante.
Ma quello che successe nei festival estivi fu umiliante… le programmazioni diedero ancora meno attenzione a Prison Songbook che non nel periodo precedente e i palinsesti vennero popolati da squallidi personaggi da reality che nemmeno nelle mie peggiori previsioni potevano essere immaginati. Qualcuno diceva “ne usciremo migliori…” non era vero.
Dovevamo aspettare l’autunno per vedere qualche segnale positivo e questo arrivò con due concerti, uno al Club 82 e l’altro al Teatro Verdi di Forlimpopoli, da cui venne tratto un live. Attualmente l’unico nostro prodotto discografico.
ANNO BENEDETTO ANNO MALEDETTO
Il 2022 partito in modo strano con il tanto desiderato concerto al Teatro Verdi proiettò Prison Songbook verso l’estate con un finalmente serio interesse da parte dei direttori artistici, il nostro calendario iniziò a popolarsi di importanti festival internazionali come il Castelfranco Emilia Blues Festival, il Dolomiti Blues and Soul, il Wordland, il Blues a Balues di Bologna, e si gettavano le basi per l’autunno con eventi in importanti club come il Giardino 2.0 a Lugagnano e la conferma della nostra presenza nel cartellone del Teatro Comunale di Pergine per la stagione 2022/2023 per intermediazione di Patrick Moschen e Blues Made in Italy.
A questo si aggiungeva il fatto che il Dolomiti Blues and Soul ci avrebbe insignito del Premio Bortolo De Vido per il valore di ricerca contenuto in Prison Songbook. Cosa che poi avvenne e che ancora adesso ci riempie il cuore di gioia.
I festival che non ci avevano degnato nemmeno di uno sguardo lo scorso anno continuarono a farlo l’anno successivo e quello dopo, magari programmando puttanate come Master Chef…ma tante.
Quindi sulla carta il grande lavoro di PR e di creazione di contenuti stava portando dei risultati importanti, molto distanti da quella che è la dimensione dimessa e castigata della maggior parte degli artisti blues fuori agenzia italiani.
Purtroppo i problemi non erano finiti e alla vigilia del concerto del Dolomiti Blues and Soul Sara contrasse il Covid costringendo l’organizzazione a spostare il concerto dal 20 luglio al26 agosto in forma di fuori programma.
Il concerto si svolse all’interno della segheria De Vido a San Vito di Cadore e fu accolto con grande entusiasmo da tutto il pubblico con diversi articoli sulle testate locali.
Castelfranco Blues Festival ci fece dividere il palco con il grandissimo Angelo Leadbelly Rossi e il suo quartetto e fu anticipato da una ricca intervista condotta da Gianandrea Pasquinelli apparsa poi su bluestime.it
Wordland portò Prison Songbook al pubblico marchigiano e fu anche questa una bellissima esperienza.
La stagione dei concerti si concluse con il concerto al Giardino 2.0 di Lugagnano, uno dei club più straordinari in cui abbia portato la mia Chitarra.
Tutto sembrava andare a gonfie vele, avevamo anche avviato la registrazione del nostro CD quando Sara ebbe problemi di salute che compromisero tutta la progettualità di Prison Songbook arrivando nel Febbraio 2023 ad un ricovero che fece saltare la probabilmente più importante data mai calendarizzata ovvero quella al Teatro Comunale di Pergine.
Avremmo dovuto aspettare Aprile 2023 per poter ripresentare al pubblico Prison Songbook alla Biblioteca Bassani di Ferrara con una riuscitissima serata organizzata dall’Associazione Music Road.