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Festival Blues Italiani

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 I festival blues italiani son da ormai 40 anni una presenza costante in molte città del nostro Paese. Alcuni hanno svolto un ruolo di modello per altri festival europei, altri si sono fermati alle prime edizioni, in un caso o nell’altro il ruolo di vivacizzare le calde sere estive è stato sempre assolto in modo egregio.

Questo tipo di manifestazione “di genere” al pari dei festival del tango o del country o ancora del Rock n Roll è sempre stata un momento molto atteso dagli appassionati per diverse ragioni. In primo luogo, era l’occasione di sentire artisti che magari si conoscevano solo su disco, in secondo luogo era il momento per incontrare altri appassionati con cui confrontarsi, poi era anche l’occasione di acquistare dischi nelle banchette specializzate e scambiare due battute con gli espositori. Per i musicisti era invece il momento principale dove intessere rapporti con organizzatori e direttori artistici nonché con altri musicisti al fine di sviluppare relazioni professionali.
Questo fa intuire che il Blues Festival piccolo o grande che fosse era comunque un momento di grande vivacità culturale e stimoli.

Con questo articolo non voglio mettere in luce difetti o pregi di questo o quel festival, mi interessa far capire però come queste manifestazioni siano strutturate e quali siano le effettive “direzioni culturali – artistiche” anche per permettere a chi leggerà questo articolo di decifrare le programmazioni, che rimangono comunque di grande eccellenza, perché non dimentichiamolo mai, il Festival presenta sempre la crema dei musicisti, se ci sono 4 gruppi su quel palco è probabile che ce ne siano 4000 che non hanno soddisfatto i criteri di qualità richiesti dal festival.

LA QUESTIONE DELLE AGENZIE.
In Italia siamo soliti dire “si vedono sempre le stesse facce!”, in parte è vero ma c’è un perché. In realtà nell’organizzazione dei festival medio piccoli, come anche di alcuni grandi non viene più effettuata quella che a mio modo di vedere era una cosa di grandissima rilevanza ovvero lo Scouting, cioè lo scoprire e il portare ad un pubblico ricettivo gli artisti nuovi. Questa pratica che è diventata col passare del tempo la mission dei Talent Show, nel nostro paese è ormai effettuata esclusivamente dal Festival Soul di Porretta, dove gli organizzatori annualmente si recano a Memphis per intercettare gli artisti più interessanti e creare delle relazioni indispensabili per popolare in modo credibile la programmazione di quello che è diventato uno dei più importanti festival Europei grazie alla direzione artistica di Graziano Uliani.
Le agenzie in italia non sono molte, soprattutto quelle che si dedicano alla black music, la Slang, la Break Live, Blue Sky e Baley Arts.

Andando a curiosare nel rooster degli artisti si scoprono molte cose interessanti che fanno anche intuire quanto efficiente sia il lavoro dell’agenzia. Interessante il caso della Slang Music che ha nel suo rooster Fabio Treves, Cek Franceschetti, Popa Chubby, Ana Popovic, Nick Becattini, ebbe anche Rudy Rotta, Andy J Forest, Superdownhome, Francesco Piu. Sembrerebbe un nutrito gruppo di artisti in effetti, a cui si aggiungono artisti stranieri in tour che si appoggiano alla consolidata esperienza della Slang nell’organizzazione di tour.

Brack Live con sede nelle marche si occupa prevalentemente di artisti stranieri in tour e non penso si possano trovare i medesimi artisti per lunghi periodi, questo garantisce una certa freschezza nelle proposte.

Baley Arts, non essendo un’agenzia specializzata in black music propone artisti di taglio più generalista, o grandi nomi che normalmente non vengono ospitati dai festival di blues per gli eccessivi costi, faccio un esempio Bruce Springsteen è una artista che fa riferimento a Baley Arts peri i tour italiani ma non potrebbe mai essere ospitato nei festival medio piccoli per ovvie ragioni, Lovesick Duo in seguito alla comparsata a Sanremo giovani sono entrati nel Rooster di Baley Arts che li ha posizionati in diverse manifestazioni “minori”, Joe Bastianich famoso come Masterchef è stato piazzato a Torrita da Baey Arts, ma anche l’ultimo tour di John Mayall era organizzato da Baley Arts.

Andando ora a curiosare nelle programmazioni dei festival si può facilmente intuire in che misura Pro Loco e Comuni e/o associazioni deleghino alle agenzie la direzione artistica.
Addirittura in che misura e percentuali alcuni di questi festival lascino spazio agli artisti indipendenti.

Singolare è il caso del Torrita Blues dove a esempio nell’estate 2021 la parte alta della programmazione era occupata dalle Agenzie come la Slang, o Baley Arts, mentre la parte bassa è lasciata agli artisti associati IBU e ai relativi Challenge, oltre che a una selezione di artisti diciamo “esordienti e/o minori”, che partecipano a delle selezioni in locali della zona di Siena. La storica manifestazione senese ha avuto anche momenti di grande attenzione a ciò che avveniva in Europa e da ricordare il gemellaggio con il Festival Svizzero di Bellinzona che permise di portare in Italia un duo strepitoso Duke Robillard e Charley Baty.

Slang si occupa interamente del piccolo palinsesto di blues del decaduto Pistoia Blues proponendo ciclicamente gli artisti del proprio Rooster, stessa cosa per il festival di Chiari, rimpolpato con qualche artista indipendente e il festival Blues in the Park sempre in area lombarda.

Italian Blues Union invece gestisce i festival nell’alta Emilia, quelli che gravitano intorno al palinsesto di “Dal Mississippi al Po”. Essendo il referente italiano degli European Blues Union e quindi della blues Fondation di Memphis IBU gestisce anche a livello amministrativo tramite Fedro tutta una serie di festival Emiliani, tra cui Castelfranco a cui lascia piena autonomia nella direzione artistica, ma ove possibile propone gli artisti finalisti delle selezioni dei Challenge.

Altro attore dei festival è AZ Blues, nata come agenzia di booking artisti e divenuta poi agenzia di promozione e PR ancora dialoga artisticamente con i festival del veneto come il DeltaBlues fornendo una spalla di sostegno ad IBU e ai Challenge.

Il Rovigo DeltaBlues è stato probabilmente il più importante festival del veneto, ha visto avvicendarsi artisti di primo piano, e di altissima qualità, sempre con uno sguardo appassionato e capace di andare oltre il mainstream proponendo artisti come Honeyboy Edwards, Corey Harris, Albert Collins, Ike Turner, Bo Diddley, Kenny Neal, Bilbo Walker…. Purtroppo negli ultimi decenni per tanti motivi, probabilmente economici, non sono state toccate più queste vette nella programmazione.
AZ è anche nella direzione artistica del Piave in Blues e del Levico Terme Blues Festival (creato da Patrick Moschen).

ERRORE COMUNE
In un mondo sempre più social spesso si assiste ad una distorsione della realtà per cui sia da parte del pubblico che da parte degli organizzatori avviene un fraintendimento dei numeri reali e della portata dei singoli festival.
Per essere chiari a fronte di un certo livellamento sugli artisti stranieri si assiste ad una regionalizzazione degli artisti diciamo “minori”, fatto restante che gli artisti d’agenzia anche se potrebbero essere considerati “minori” rispetto a nomi di punta internazionali sono presenti nelle programmazioni che di festival fuori raggio d’azione ed extraregionale.

Data questa prima informazione, che ha in alcuni casi eccellenti eccezioni, avviene un fraintendimento a causa dell’asset comunicativo, cioè la comunicazione di un festival che si colloca in una particolare area geografica viene spalmata sul nazionale. Questo porta ad un problema di comprensione sui numeri dei partecipanti. E sulla potenziale platea dei presenti.
Facciamo un esempio se un festival a Piacenza ha lo stesso artista di un festival nelle marche, sia il pubblico marchigiano che quello piacentino reagiranno con entusiasmo alla comunicazione della programmazione, ma i due pubblici si divideranno a seconda dell’area di appartenenza. A questo si aggiunge che solamente il 3% del pubblico che reagisce a un post poi interviene realmente all’evento.
Questi due fattori insieme creano un fenomeno curioso che definirò “falsa aspettativa”.

Non è raro infatti notare direttori artistici che lamentano la scarsa affluenza quando avevano centinaia di like alla comunicazione del programma. I numeri reali sono poi le persone che assistono all’evento. Basterebbe rilasciare un modulo di verifica per capire da dove arrivano e come hanno fatto a conoscere l’evento.

Altra questione è “L’Evento”, anche se tutti concerti posso essere considerati eventi non tutti sono eventi di richiamo. La massimizzazione delle spese ha portato alla quasi sparizione dell’artista in data singola in Italia a favore del tour di concerti, ma questo ha fatto crollare il fattore attrattivo. In questo 2023 gli artisti stranieri sono stati molti ma pochissimi in data singola e comunque non dei Big. Mentre nel 2022 Pordenone Blues Festival ha portato Ingram Kingfish e Dal Mississippi al Po Samantha Fish (2 date) che hanno costretto gli appassionati a programmare un viaggio per andarli a sentire. Samantha Fish tra l’altro aveva il secondo concerto in Sardegna quindi non perdeva in potere attrattivo.

SI MA IL PUBBLICO NON PARTECIPA!

Come sopra accennato, il pubblico del blues è un pubblico esigente.

1 vuole novità, 2 vuole qualità.

Si muove di regione in regione se ne vale davvero la pena, se l’artista ha potere attrattivo per una ragione o per un’altre..ma…c’è un ma…. Il pubblico del blues in data odierna nel centro nord Italia è estremamente limitato in termini numerici. Questo determina eventi poco partecipati tolti i cosiddetti Big Italiani che per storia personale si sono consolidati nel cuore degli appassionati. Es. Fabio Treves che è ancora un artista capace di far pagare un biglietto a un suo concerto (Slang).
Nel settentrione e nel sud Italia vive ancora un’idea del blues come grande momento di festa e riesce ad essere attrattivo per masse generaliste non necessariamente di appassionati. Triste evento in controtendenza è stato il festival Costa Viola in Calabria che ha annullato l’evento nel 2022 per carenza di pubblico (episodio inqualificabile).
Il successo del Bitonto Blues Festival è la miglior testimonianza di quanto scritto.

C’è da fare un piccolo appunto alla differenza tra le due realtà italiane. Dialogando con musicisti ospiti nei festival è emerso che nel sud le direzioni artistiche prediligono il blues elettrico a quello acustico, perché a quanto pare, la “botta” del live deve essere tale da far percepire agli sponsor la tipologia di evento da grande festa della musica. Artisti acustici si sono visti amplificati con volumi da raduno metal, al punto che hanno richiesto di spegnere le spie di palco perché si sentivano “anche troppo” dai monitor esterni. In effetti è forse una chiave di lettura di come e cosa proporre ai singoli festival a seconda della regione.

Ma se il pubblico del blues è così ridotto da mettere in difficoltà le direzioni artistiche come si fa?

 Bisogna innanzitutto capire alcuni aspetti logistico/topografici. Ad esempio nel caso del Levico Terme Blues Festival il pubblico è rappresentato dalla gente i passaggio nel viale principale dell città trentina, i posti a sedere sono gli scalini della chiesa antistante la piazza, non c’è biglietto d’ingresso, e le sedie sono poche, quindi potremmo dire che il pubblico è maggiore ma non specializzato e il passeggio almeno nelle ultime edizioni è il principale fruitore della musica proposta.

Nel caso del festival di Malcesine ci sono invece un nutrito numero di buskers che fanno da contorno all’evento creando il sottofondo ideale al festival e accogliendo il pubblico generalista.

Al Trasimeno Blues si paga il biglietto per l’evento e gli artisti internazionali vengono ospitati in location interessanti, ma il pubblico di appassionati lo sappiamo è meno numeroso del pubblico generalista.
Spiagge Soul invece punta al turismo sulla riviera creando eventi nei bagni al mare, questa tipologia di approccio va incontro al pubblico generalista e d attira anche degli appassionati in quanto spesso gli artisti proposti, benché non possano essere equiparati a un Ingram Kingfish per rilevanza nel circuito, sono di alta qualità.

Per attrarre il pubblico generalista il festival di Torrita e anche il Deltablues hanno nelle ultime edizioni inserito artisti di impostazione Pop con una “sporcatina” di blues, il risultato è stato che hanno attratto il pubblico del Pop e indispettito il pubblico del blues, quindi bene ma non benissimo.

 

IL PROBLEMA NON E’ IL PUBBLICO MA IL TIPO DI PUBBLICO

Una mia riflessione è ultimamente stata che la maggior parte degli eventi di richiamo vivono di un deficit comunicativo. Si pensa che i fruitori dell’evento siano una massa di nerds con chiari in testa tutti i rapporti di parentela di BB King o di Muddy Waters, partendo da questo presupposto, la comunicazione che si costruisce intorno all’evento diventa una cosa tipo “Questa sera nel chiostro della chiesa della Madonna assunta del Carmelo si esibirà la grandissima Jony Balooba, la corista di Dr John, che suonò con Katye Webster nel famoso disco Swamp Boogie Queen, ancora un caposaldo della musica della Louisiana). Il non appassionato a una comunicazione del genere leggerà “Questa sera in una chiesa in centro si esibirà una cantante che ha suonato con qualche americano famoso e bla bla bla…”.

Il problema è che questa struttura comunicativa non ha incuriosito il pubblico, che potenzialmente avrebbe pagato il biglietto.
Il pubblico degli eventi culturali non è il pubblico generalista e non è il pubblico del blues ma è un pubblico più ricettivo e potenzialmente interessante ma va nutrito di informazioni attrattive. La struttura del messaggio persuasivo è sempre la stessa PROMESSA+SOSTEGNO ALLA PROMESSA, così convinci le persone sennò NO.
In epoche recenti lo storytelling è diventato il sistema di persuasione più utilizzato ma si deve basare sui punti di qui sopra per funzionare.
Tradotto “IL BLUES PUO’ ESSERE ANCORA ATTRATTIVO MA BISOGNA SAPERLO RACCONTARE.
In teoria non è nemmeno troppo importante dire che l’evento sarà un concerto di un genere specifico se l’evento avrà contenuti attrattivi in sè.

 

Questa sera al Chiostro della Madonna del Carmine, per la prima volta a Piacenza, ci sarà un progetto Premiato dal Festival di Nantes che racconta le testimonianze dei sopravvissuti alla traversata dell’Atalntico con musiche del sud degli Stati Uniti con musicisti di rilievo a livello internazionale. Qui sotto una testimonianza di chi ha già assistito all’evento. “Emozione vera..evento da non perdere” “Un progetto unico..sono uscita cambiata”..ecc
Così attiri il pubblico degli eventi culturali. Se vuoi il pubblico del Pop ti basta scrivere..questa sera Alex Britti. Però dovrai rinunciare al blues e alle sue dinamiche underground.

 

FESTIVAL IN ITALIA

Pistoia Blues

Rovigo DeltaBlues

Levico Terme Blues Festival

Blues a Balues

Lucca Blues Festival

Atri Blues Fstival

Villa Pigna Blues Festival

Isola del Liri Blues Festival

Avezzano Blues

Blues a Balues

Etna Blues Festival

Dolomiti Blues and Soul

Poggio Picenze Blues Festival

Castelfranco Emilia Blues Festival

Torrita Blues Festival

Carmigliano Blues Festival

Serrevazze Blues Festival

Sipiagge Soul

Blues in Villa

Campania Blues Festival

Trasimeno Blues

Rocce Rosse Blues Festival

Narcao Blues Festival

Roma Blues Festival

Chiari Blues Festival

Blues River

Forlì Blues

Biella Open Blues Festival

Barinossi Blues Festival

San Severino Blues Festival

Pignola Blues Festival

Tropea Blues Festival

Marco Fiume Blues Passion

Wine and Blues

Dal Mississippi al Po

Val D’Arda Blues Festival

Aosta Blues Festival

Pordenone Blues

Bitonto Blues Festival

Piave Blues

Trevi Blues Festival

Blues in the Park

Nave Blues

Vinovo Blues

Caprigliano Blues Festival

Bluesacco

Aqui Blues Festival

Accadia Blues Festival

Joe Blues Festival

Saverio Blues Festival

Brindisi Blues Festival 

3 PUBBLICI

A questo punto è abbastanza chiaro che esistono tre tipi di pubblico con i quali fare i conti.
Non nascondo che equiparo il pubblico generalista ai polli di Francesco Amadori con la differenza che i polli in questione non hanno potuto accedere ad una formazione scolastica quindi sono comunque migliori della prima categoria a mio modo di vedere.
A parte gli scherzi, indubbiamente la questione del fruitore “medio” di un evento ha un peso in termini percentuali non indifferente.
Le nicchie, anche se più interessanti non muovono numeri tali da poter confrontare un organizzatore il più delle volte, ma, e sottolineo ma, chi organizza certi eventi deve essere consapevole di quali siano nella sua regione e/o città i numeri dell’evento.

Il fruitore medio o Pop, dove per Pop si intende popolare, è il più grande consumatore di musica generalista, nel bene o nel male. In questo contenitore levigato ed attraente finiscono dentro un po’ tutte le espressioni “commerciali” dalla musica consumer da ballo alle pop-star, e non parleremo di questo gruppo di consumatori se non fossaltro che rifiuta in toto quella che è la proposta culturale dei nostri amati festival di nicchia.

> pubblio generalista
poco curioso, conservatore, tende alla critica sistemica con argomentazioni consolidate e indotte, sostiene le icone imposte dai Mass media, vorrebbe una realta immutabile, preferisce ciò che conosce a ciò che è nuovo, è il principale sostenitore di tribute band che restituiscono un quadro nostalgico e immutabile di antichi e “insuperabili fasti del passato”.

> pubblico di appassionati di blues
è un pubblico specializzato ed esigente, conosce ciò che vuole, pretende attenzione alle novità del settore, è un pubblico di nicchia, probabilmente ha già assistito a più di un evento con artisti ricorrenti, sa apprezzare le contaminazioni quando sono attinenti e responsabili, distingue i generi musicali.
Preferisce ciò che conosce in quanto è un pubblico specializzato.

 > pubblico degli eventi culturali

Non è un pubblico specializzato, è un pubblico curioso, non conosce probabilmente ciò per cui paga il biglietto ma ha un’attitudine positiva che permette di assimilare creatività complessa senza erigere barriere. Non è un pubblico del blues, potrebbe essere inteso come un sottogruppo del pubblico generalista però senza i filtri che ne impediscono il dialogo.

Dati questi tre gruppi si può intuire che i festival italiani in qualche misura vogliano attrarre a loro il pubblico generalista, con artisti di forte richiamo popolare. Antisignano in questi termini fu il Pistoia Blues che da Papà dei festival italiani è diventato col tempo “la barzelletta di inizio estate“… “hai sentito chi suona a Pistoia????….? …. Gianni Morandi!!!!”.

 È ovvio che i numeri degli appassionati di blues sono assolutamente ridicoli in Italia e la dimostrazione di ciò è la quasi totale assenza di case discografiche che ingaggino artisti e garantiscano loro una produzione profittevole.

la quasi totalità dei CD prodotti dagli artisti italiani sono autoproduzione e non hanno quasi una distribuzione se non il passaparola.

 In realtà il pubblico più interessante sarebbe quello degli eventi culturali.

Non è il pubblico tradizionale dei festival perché non è necessariamente appassionato di questo o quel genere musicale, ma una volta informato adeguatamente può diventare il principale interlocutore dei Direttori Artistici.
Il problema è che un festival di blues dovrebbe proporre cose interessanti e non roba da motoraduno. Questo approccio casereccio inibisce un pubblico culturalizzato.
Al tempo stesso il festival di blues dovrebbe essere un festival di blues non di musica americana a 360°, sembra scontato ma non lo è. La presenza in un noto festival italiano come HiLiner di un noto Vips che vestito da cowboy proponeva in malo modo cover di Johnny Cash è stata la dimostrazione più palese di una manifesta debolezza della direzione artistica e dei limiti culturali del sistema del blues italiano, al tempo stesso la nascita di artisti che ripercorrono modi compositivi in modo egregio e credibile tipici del country americano non ne giustifica la presenza all’interno di un blues festival non fossaltro che per la conoscenza diretta e o personale di questo o quel personaggio o direttore artistico. È il vecchio sistema italiano che sostituisce la conoscenza con la meritocrazia.

 Che poi sarebbe come andare a un festival del tango Argentino e trovarci ballerini di samba perché “tanto è musica Sudamerica“, chi non capisce o è ubriaco o è complice.

EPISODI DIVERTENTI

Al di là delle polemiche che per carità fanno parte del colore di un festival, esistono episodi davvero interessanti a livello antropologico.

La ricorrenza dei medesimi artisti per più edizioni con il medesimo progetto è una di quelle cose che dovrebbe essere vergata a fuoco tra le cose da Non fare mai.

 Scambiare un festival per una birreria è un errore che si paga caro e fa disperdere il pubblico degli appassionati. Che come ho già detto è molto risicato ma non si merita un trattamento di questo tipo. I festival hanno il dovere di rinnovare la programmazione tutti gli anni cercando di essere sempre interessanti e nuovi.

 Replicare gli artisti per più edizioni con il medesimo progetto è una cosa che non si vede quasi mai, sempre che dietro non ci sia una logica “scambista” tra direttori artistici tipo “io faccio suonare te tu fai suonare me”, ma questo esula dalla disciplina della Direzione Artistica e sfocia nello stile “bancarella del mercato del pesce” oppure che i festival siano emanazione di un preciso gruppo o associazione che si occupa di booking e che abbia interesse a mettere in luce gli artisti del proprio rooster. In questo caso ogni apertura ad artisti esterni a questo “cerchio magico” è preclusa.

 Le logiche poi non sono nemmeno così nascoste anzi spesso sono sotto gli occhi di tutti solo che ai più non interessa.

 Divertente è stato negli ultimi anni il caso di un festival il cui direttore artistico era anche il produttore o il coproduttore o il chitarrista delle band sul palco e l’autore di un libro che veniva presentato nel medesimo festival e l’attore del documentario che parlava del libro e il presentatore del festival.

 L’escamotage di parlare di se stesso in terza persona dava poi un tono di surreale a questa sorta di megaspot autoreferenziale (naturalmente qualsiasi proposta di partecipazione al festival era respinta con grandi argomentazioni filosofiche deontologiche, che spaziavano dalla world music alla ricerca alla musica indipendente al tipo di scelta “artistica” alla valorizzazione del circuito underground dl roots music. indie e dintorni con strizzatina d’occhio alle atmosfere desertiche tex-mex). 

Con uno scenario così articolato e particolare diventa complesso per artisti indipendenti far arrivare la prima proposta sui palchi più importanti e poter comunicare la propria progettualità ad una platea specializzata e ricettiva. La creazione di contenuti sempre nuovi come Cd o riconoscimenti non risulta ad ora più sufficiente a dar fiducia agli artisti.

La raccomandazione diretta pare essere l’unica strada in un mondo che sistematicamente non risponde a mail, o a contatti telefonici e rifiuta o minimalizza gli artisti che si propongono.

Curioso a tal proposito l’episodio accaduto all’amico P.G.Petricca che a seguito del terremoto dell’Aquila fece una serie di concerti di raccolta fondi in alcuni festival italiani, ed appunto in uno di questi, in area settentrionale, gli venne detto “quest’anno no, sarà per un’altra volta“, probabilmente il Direttore Artistico confidava nella ciclicità degli eventi sismici.

Per fortuna esistono festival indipendenti che lasciano agli artisti una speranza di riscatto come il festival di Bologna Blues a Balues, Il Dolomiti Blues and Soul, Il Campania Blues Festival, Castelfranco Emilia Blues e altri ….

Quello che viene messo in croce è il Senso di appartenenza. Questo sentirsi tutti attori dello stesso film, condividendone dinamiche ed aspettative, senza pretendere di sovrastare gli altri appassionati o musicisti, ma vivendo in condivisione la propria passione.
A risposta di tale esigenza esistono al momento in Italia due raduni. Il Blues Made in Italy a Cerea e il South Italy Blues Connaction a Matera. Non si tratta di festival, non c’è gettone di partecipazione. Sono raduni di appassionati stop.
Si tratta comunque ancora delle migliori manifestazioni di questo genere in Italia in quanto forniscono un quadro completo di tutte le dinamiche sotterranee che tengono vivo il blues nel nostro Paese. Non è raro incontrare chi fa blues in italiano oppure gruppi mai presentati nei festival, espositori di settore, artisti con una riconoscibile cifra stilistica, appassionati, nomi storici e non. Questa dimensione comunitaria dove tutti valgono 1 che dovrebbe essere incisa su pietra quando si parla di un genere in cui i Maestri riconosciuti guidavano un trattore o stavano dietro un mulo, mica si facevano i selfie nella piscina di Michael Jackson!

Concludendo, i blues festival in Italia, con tutte le loro caratteristiche e diversità rappresentano oggi un momento di grande festa e condivisione che però con il tempo ha mostrato i propri limiti culturali ed attrattivi. La grande sfida che i festival devono affrontare in questi anni è proprio quella di essere interessanti ad un tessuto degli appassionati che per diverse ragioni, anche anagrafiche sta diventando sempre più esiguo. Trovare nuove forme e nuovi format potrebbe essere la chiave per conquistare altre fasce di pubblico “dormiente” che aiuterebbe ai festival a sopravvivere alla fine del sogno americano. Lo scouting potrebbe essere un’attività da riprendere e l’intreccio con il pubblico degli eventi culturali una strada da percorrere. La mission però non può prescindere dal dialogo con gli artisti della scena underground evitando quando possibile la creazione di “cerchi magici” esclusivi che creano la sensazione di assistere alla celebrazione dei “marchesi del grillo” dove qualcuno è più di qualcun’altro. 

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